La bufala Facebook è un disastro di consapevolezza privacy e digitale

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Molti esperti sorridono alla nuova bufala Facebook “io disattivo”, “nego il consenso all’uso delle foto”, ma è un disastro. E’ fondamentale comprendere che non solo è una bufala, ma anche il segno della  scarsa consapevolezza digitale di molti italiani e di temi privacy, connessi ai termini di servizio social. In più, rischia di esporci a phishing mirato

Pubblicato il 13 Nov 2023

Dario Fadda

Research Infosec, fondatore Insicurezzadigitale.com

Alessandro Longo

Direttore

Gira fortissima una catena di Sant’Antonio su Facebook in risposta alle nuove regole di privacy di Meta, secondo cui l’azienda richiederà un abbonamento a pagamento per evitare la profilazione pubblicitaria.

Molti sorridono, ma è un disastro. E’ fondamentale comprendere che non solo è una bufala, ma anche il segno della  scarsa consapevolezza digitale di molti italiani e di temi privacy, connessi ai termini di servizio social. In più, rischia di esporci a phishing mirato.  

Indice degli argomenti

Il post diventato virale su Facebook

“È ufficiale. Firmato alle 10:33. Era anche in tv. Il mio è davvero diventato blu. Ricordatevi che domani inizia la nuova regola di Facebook (alias… ) nuovo nome META) dove possono usare le tue foto”, con queste parole il post sta facendo il giro del social network Facebook, raggiungendo in pochi giorni un grande pubblico, grazie alla condivisione che è riuscito a scatenare.

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In altre forme, il messaggio comincia con un “Anche io disattivo” e si rifiuterebbe l’addebito per l’abbonamento Facebook.

“Anch’io sto disattivando! Così ora lo stanno facendo, appena annunciato su Channel 4 News. Facebook addebiterà a tutti gli utenti a partire da lunedì. Puoi fare un’opt-out facendo questo. Tieni il dito su questo messaggio e copialo. Non si può condividere. Non do il permesso a Facebook di addebitare 4,99 dollari al mese sul mio account, anche tutte le mie foto sono di mia proprietà e NON di Facebook”.

Ovviamente il post non ha alcun fondamento. Si tratta di una catena alimentata unicamente per testare gli utenti e le loro reazioni.

Il messaggio, spesso condiviso con l’intenzione di proteggere la propria privacy online, afferma che la mancata pubblicazione di una dichiarazione consentirà tacitamente a Facebook di utilizzare le foto e le informazioni degli utenti. Tuttavia, è importante sottolineare che tali dichiarazioni non hanno alcun impatto legale e sono il prodotto di informazioni errate e malintenzionate.

Come funziona l’aggiornamento dei termini di servizio di Facebook

L’Unione Europea sta cercando di regolamentare con la normativa l’utilizzo ai fini commerciali dei dati degli utenti. Con questo aggiornamento Meta applica al proprio servizio una nuova forma di abbonamento a pagamento per tutti gli utenti che vorranno continuare ad utilizzare il servizio senza pubblicità. Questo è ciò che succederà a partire al prossimo 27 novembre. Tuttavia niente cambia per tutti gli utenti che non intendono abbonarsi e che non saranno ovviamente obbligati a farlo.

I dati degli utenti sono un valore economico per il social network da sempre, da quando esiste la piattaforma. Senza un margine di guadagno piattaforme come Facebook non potranno esistere. Ma se l’utilizzo è gratuito, come può guadagnare la piattaforma? Con i nostri dati, come ha sempre fatto. Questo dà un valore economico ai nostri dati, il valore siamo proprio noi come utenti.

Adesso ne abbiamo una evidenza diretta, grazie all’introduzione di questa formula su abbonamento, ma il funzionamento è sempre stato questo.

Il rischio dietro le catene malevole

E’ importante capire questo meccanismo, proprio per dedurre che, la scrittura di un post, contro questo regolamento, non avrà mai alcun valore, per nessuno. Non è con una catena che si risolve il problema. Piuttosto facciamo capire a chi ci segue e chi ci studia, che non abbiamo alcuna contezza del mondo digitale che ci circonda e non capiamo i meccanismi aziendali delle piattaforme che utilizziamo.

Questo è un rischio. Ci mette nella condizione di pericolo quando, a questo punto, qualcuno decide di prendere di mira la nostra persona e sottoporci una truffa mirata, magari con una perdita economica diretta. Perché presumibilmente lui sa che ci potremmo cascare. Potrebbe essere un commento a un nostro post, con un link che potremmo seguire perché convinti nel farlo, nascondendo dietro invece un sito Web di phishing che potrebbe rubare dati finanziari a noi cari.

Conferma Salvatore Lombardo, esperto cyber che lavora per una grossa istituzione centrale: “da qui possono nascere phishing mirati che ci arrivano via Messenger e mirano ai dati del nostro account o carta di credito”.

Aggiunge Alessio Pennasilico, del Clusit: “Potrei immaginare messaggi phishing che dicano di cliccare su un link per rifiutare l’abbonamento”.

La consapevolezza e la responsabilità sono fondamentali per proteggere la nostra privacy online. Diffondere informazioni false non solo danneggia la nostra credibilità, ma può anche compromettere la sicurezza digitale. In un’era in cui la tecnologia è onnipresente, educare se stessi e gli altri diventa un passo essenziale per navigare in modo sicuro nel mondo digitale.

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