Whistleblowing
Cos’è il whistleblowing?
Si definisce “whistleblowing” la rivelazione spontanea da parte di un soggetto, detto “segnalante” (in inglese “whistleblower”) di un illecito o di un’irregolarità commessa all’interno di un’azienda o di un ente, del quale lo stesso sia stato testimone nell’esercizio della propria attività lavorativa. Il segnalante spesso è un dipendente ma può anche essere una terza parte, per esempio un fornitore o un cliente.
Il whistleblowing nel nostro sistema legislativo
Il decreto attuativo della direttiva europea n. 1937 del 2019 sul whistleblowing è stato approvato il 9 marzo 2023 dal Consiglio dei Ministri.
Le nuove disposizioni entreranno definitivamente in vigore dal 15 luglio 2023 e saranno rivolte, prevalentemente, sia agli enti pubblici, ad esclusione dei comuni con meno di 10.000 abitanti, sia agli enti privati con più di 50 dipendenti, mentre, in alcuni specifici settori, come, ad esempio, nell’ambito di prodotti e mercati finanziari, della tutela dell’ambiente o dei trasporti, indipendentemente dal numero di dipendenti.
A ben vedere in Italia era già presente una prima normativa in tema di Whistleblowing, inizialmente solo riferita al settore pubblico, mentre dal 2017 è stata estesa anche al settore privato.
Una delle principali novità introdotte dalla nuova normativa, in riferimento agli enti privati, è l’obbligo di istituire canali di segnalazione interna, che va quindi a modificare la precedente normativa che prevedeva solo la facoltà.
Con il nuovo decreto sono state ampliate le tutele anche alle figure più vicine al whistleblower come i familiari, i colleghi.
Attenzione però, non bisogna pensare che tale figura possa sentirsi del tutto immune in forza della posizione di whistleblower, perché tale tutela è effettiva solo nel caso di ritorsioni nascenti dalle segnalazioni effettuate.
Ed infatti, con l’ordinanza n. 9148 del 31 marzo 2023 la Suprema Corte di Cassazione ha così stabilito: “La normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (c.d. Whistleblowing) salvaguarda il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire a suo carico secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette ed indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce un esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo”.
Per concludere, la denuncia di comportamenti scorretti o illeciti non salva il whistleblower, che abbia a sua volta commesso le stesse violazioni. Tale protezione concessa al segnalatore contro eventuali ritorsioni da parte del datore di lavoro, o comunque dei suoi dirigenti, non si trasforma dunque in un’immunità impenetrabileper eventuali illeciti autonomamente posti in essere e, conseguentemente, il whistleblower, può essere egli stesso, vittima di sanzioni.
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