«Prima di legiferare sull’AI, occorre conoscere l’AI», l’intervista al senatore Marco Lombardo

Abbiamo parlato con il parlamentare di Azione che nella giornata di mercoledì ha letto un discorso scritto con ChatGPT a Palazzo Madama

01/06/2023 di Enzo Boldi

Mercoledì 31 maggio, l’intelligenza artificiale di ChatGPT ha fatto il suo ingresso a Palazzo Madama. A portarla con sé è stato il Senatore Marco Lombardo (Azione) che ha deciso di lanciare una provocazione a tutti gli altri parlamentari e a chi ha l’onore e l’onere di legiferare. Il parlamentare, che ha già ricoperto il ruolo di Assessore al Lavoro per il Comune di Bologna, ha deciso di fare un qualcosa mai accaduto prima: affidare alla chatbot conversazionale basata sull’intelligenza artificiale generativa un suo discorso su un provvedimento per i transfrontalieri e per i territori di confine tra Italia e Svizzera.

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Dopo aver letto l’intero testo, Marco Lombardo ha deciso di comunicare a tutti i presenti in Aula (e anche a chi stava assistendo alla discussione al Senato attraverso i canali istituzionali) la genesi del suo intervento: «L’intervento che avete appena ascoltato non è mio. A dire il vero, non è neanche il prodotto dell’intelligenza umana. È il prodotto di un algoritmo di intelligenza artificiale, ChatGPT. Ed è stato validato in collaborazione con una società che si occupa di AI e transizione digitale. Quanti di noi, oggi, sono in grado di distinguere un testo prodotto dall’intelligenza umana e un flusso di pensieri prodotto da un algoritmo di intelligenza artificiale?».

Marco Lombardo e la provocazione in Senato con ChatGPT

Questo il senso reale della provocazione che ha varcato la soglia di Palazzo Madama. Giornalettismo ha raggiunto telefonicamente il Senatore per farsi spiegare, in modo più approfondito, il reale obiettivo di questo suo esperimento che ha ottenuto una notevole rilevanza mediatica: «È da un po’ che mi occupo di discriminazioni prodotte dagli algoritmi, fin da quando facevo l’Assessore al Lavoro del Comune di Bologna sono stato autore della cosiddetta “Carta dei rider“, ovvero la carta sui lavoratori digitali per raccontare le opportunità ma anche le possibili discriminazioni nei confronti dei lavoratori delle piattaforme digitali. Negli ultimi anni, il processo di transizione digitale ha fatto dei passi enormi. Mentre prima il tema era quello della sostituzione dei lavori ad alta intensità di manodopera e a basso contenuto intellettuale, oggi gli algoritmi di intelligenza artificiale sono anche in grado di sostituire lavori a bassa intensità di manodopera e ad alto contenuto intellettuale».

L’evoluzione del digitale e del tech, dunque, diventa un tema fondamentale per la vita presente e futura. Per questo motivo, come sottolineato dal senatore Marco Lombardo a GTT, occorre che anche gli attori della politica si immergano in questo mondo per conoscerlo. Perché questa è la base fondamentale (ed empirica) per poi trovare strumenti e soluzioni legislative ad hoc: «Questa era la provocazione: cercare di far capire che la politica non è immune da questo processo e deve, prima di voler regolamentare il fenomeno, essere in grado di conoscerlo». Anche perché, di chatbot di questo tipo si parla nel nostro Paese da alcuni mesi, anche per via dell’utilizzo sempre più vasto da parte degli utenti. Ma, senza demonizzare il progresso, occorre sempre essere a conoscenza dell’argomento prima di poterne parlare e decidere in merito: «In Italia si rischia di parlare più per moda. Tutti parlano di ChatGPT, ma mi farei la domanda: “Quanti di quelli che ne parlano l’hanno mai utilizzato?”».

La genesi del discorso di Marco Lombardo al Senato

Perché il senatore di Azione ha deciso di fare un uso strutturato di ChatGPT, non limitandosi alla mera “interrogazione”: «È un software e un software dà le risposte secondo come viene interrogato. Io, per esempio, per fare l’intervento di mercoledì ho dovuto inserire testi normativi perché l’algoritmo non è aggiornato oltre il 2021. E mi sono fatto accompagnare in questo processo di validazione da una società che si occupa di intelligenza artificiale, proprio perché il processo fosse il più possibile verosimile. E, infatti, il risultato è stato assolutamente verosimile. Sfido chiunque, se non avessi detto che il mio intervento era scritto con l’AI, a distinguerlo da un intervento normale».

Difficoltà evidenti che mettono in luce l’evoluzione e la transizione tecnologica e digitale. Da qui il richiamo ai legislatori italiani che dovrebbero rendersi conto che quel che sta accadendo ora, in questo momento, rappresenta un tassello fondamentale per il futuro: «In Europa si sta parlando della regolamentazione sull’AI. L’Europa sta facendo degli accordi con gli Stati Uniti sull’uso consapevole dell’AI. Ieri era uscito un appello di 350 tra i fondatori di OpenAI, filosofi, intellettuali ed economisti. Perché la politica non ne deve parlare? Perché il Parlamento italiano non ne deve parlare? Occorre saper cogliere i rischi e le opportunità, soprattutto dal punto di vista democratico, come possibile alterazione del processo decisionale».

Il caso dell’avvocato USA e le sentenze false su ChatGPT

Giornalettismo ha raccontato la vicenda dell’avvocato americano Steven Schwartz che si è affidato – in modo non corretto, anche tecnicamente – a ChatGPT per ottenere “suggerimenti” su sentenze precedenti utili al suo caso. Peccato che il chatbot gli avesse fornito verdetti falsi. Mai avvenuti. Completamente inventati. «L’esempio dell’avvocato statunitense – ha spiegato il Senatore Lombardo – è l’emblema dell’uso improprio dell’AI. L’avvocato è stato costretto a disvelare di aver utilizzato ChatGPT, quindi l’ha usato in modo improprio perché non ha verificato i casi giurisprudenziali, dandoli per buoni. L’algoritmo è un software, ma dipende da come viene interrogato. Da quali dati immetti e da come verifichi se le risposte che restituisce sono valide. Io penso che noi stiamo andando in una direzione in cui non sarà l’algoritmo a sostituire l’intelligenza umana, però l’intelligenza umana deve saperlo utilizzare in modo appropriato questo strumento. Altrimenti il rischio è quello di creare delle aberrazioni giuridiche».

Le intenzioni

Appare evidente, dunque, l’intenzione del Senatore Marco Lombardo: stimolare la politica a interessarsi a questo tema, a conoscerlo e a procedere con una regolamentazione. Non seguendo quel che si dice, ma immergendosi in questa realtà per capire come e dove agire: «La mia provocazione non era fine a se stessa, ma era funzionale a promuovere iniziative legislative che come gruppo cercheremo di fare. Intanto per puntare molto sull’uso consapevole dell’AI in tanti settori (economia e diritto, per esempio). E non si può pensare di lasciare questa discussione solo al tema della privacy e della riservatezza dei dati (vedi caso Garante Privacy contro OpenAIndr). Noi non possiamo pensare di regolamentare o limitare il fenomeno solo dal punto di vista della tutela della riservatezza dei dati. Qui le implicazioni sono molto ampie. Anche dal punto di vista etico».

Etica che deve essere la stella polare. Perché strumenti basati sull’AI non devono essere messi all’indice e demonizzati. Occorre un’educazione un regolamento in grado di non provocare abusi. Partendo proprio dal processo – come sottolineato dal filosofo Luciano Floridi – che porta all’interazione continua dell’intelligenza umana con quella artificiale e non limitandosi al prodotto dall’AI. E il Senatore Marco Lombardo ha voluto concludere questa chiacchierata con una riflessione: «Una volta, si distingueva tra ciò che è vero e ciò che era falso. Anche nel giornalismo, dove tutto il lavoro è andare alla fonte della notizia. Oggi tra il vero e il falso c’è il verosimile. Come si fa a distinguere un video fatto con un deepfake da uno reale? Su questo ci si deve interrogare, anche come parlamentari, come decisori politici e come legislatori. Io non vorrei che ci lanciassimo nella volontà di regolamentare un fenomeno che non conosciamo. Questo è il senso della mia provocazione, perché è necessario sapere prima di cosa si sta parlando e solo dopo legiferare e regolamentare».

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