«È assurdo che la firma digitale valga per tutto, ma non per le liste elettorali»
Lo sfogo di Michele Santoro dopo l'esclusione di Pace Terra Dignità dalla Circoscrizione Nord-Ovest in vista delle Europee 2024
07/05/2024 di Redazione Giornalettismo
C’è un tema che dovrebbe essere al centro del dibattito politico e dell’opinione pubblica. Ci sono delle leggi scritte e lasciate nel cassetto, senza considerare l’impatto negativo sulla popolazione. Sugli elettori. Sull’esercizio democratico del voto. Oggi, anno 2024, un nuovo partito che vuole presentarsi a una tornata elettorale – nella fattispecie, alle Europee 2024 – deve andare di casa in casa, di piazza in piazza con i banchetti a cercare di raccogliere il numero di firme necessario. Oggi, anno 2024, quando ci sono strumenti online (certificati) che permetterebbero di procedere più velocemente – anche a livello di burocrazia – allargando la forchetta della partecipazione civile. Michele Santoro e il suo movimento “Pace Terra Dignità” rischia di essere la grande vittima di questa arretratezza, e lui stesso sottolinea l’importanza di una norma per dare validità elettorale anche alle firme digitali.
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Nel corso della conferenza stampa andata in scena quest’oggi, Michele Santoro – insieme a Maurizio Acerbo, Raniero La Valle e Marta Grande – ha commentato amaramente la decisione della Corte d’Appello di Milano di respingere le firme raccolte in Valle d’Aosta (per la Circoscrizione Nord-Ovest) a causa di un timbro mancante su alcuni moduli firmati dai cittadini: «Già il fatto che con lo sbarramento al 4% si costringa una lista nuova a raccogliere le firme è una roba preistorica. Saranno gli italiani, andando a votare con uno sbarramento al 4%, se questa lista debba essere o no rappresentata. Non c’è bisogno di altre azioni».
Santoro su firme digitali, tutti i controsensi
Al netto di questa considerazione, l’attenzione di Michele Santoro si è spostata sull’impossibilità – esattamente come capitato a Marco Cappato in occasione delle elezioni Politiche del settembre 2022 – di utilizzare uno strumento come la firma digitale: «Si è imposto, invece, che si raccogliessero queste firme. E lo si è imposto dopo che c’era una legge che è stata messa in cassaforte da questo governo che ogni giorno ci ricorda di fare dei miracoli straordinari per quel che riguarda l’economia, lo sviluppo civile di questo Paese e quant’altro. Una legge che riguarda la firma digitale. Per cui, nessuna firma digitale è possibile, certamente bisognava allargarne l’uso anche alle elezioni, ma non è possibile per niente. Con una firma digitale possiamo comprare qualcosa, fare un atto notarile, ma non possiamo firmare per una lista che vuole partecipare alle elezioni e dobbiamo andare a raccoglierle ancora una per una, con i banchetti».
E l’autocertificazione
Oltre alle firme digitali, c’è anche un altro tema che tocca sul vivo la situazione che si è creata per PTD in Valle d’Aosta: «Esiste un altro principio in questo Paese: l’autocertificazione. Ma per le raccolte firme per le liste elettorali non vale. Non basta che uno dia il suo documento d’identità, il suo codice fiscale e tutti gli elementi utili per identificarlo. Mentre si raccolgono le firme, è necessario che ci sia presente un certificatore. Ovvero, serve uno che dice che quei dati sono giusti e li firmi».
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