Cosa non torna nelle ricerche a difesa di Meta sulla polarizzazione politica

I due studi hanno "assolto" il ruolo delle piattaforme social. Ma ci sono alcuni aspetti che non tornano

12/08/2023 di Redazione Giornalettismo

Per anni si è dibattuto sull’influenza dei social network sulla polarizzazione del dibattito politico. Ci sono stati documenti e denunce che hanno confermato come grandi attori come Facebook e Instagram abbiano lavorato per applicare un algoritmo (al posto del feed cronologico) per cercare di aumentare le interazioni (e la permanenza) degli utenti. Ora però, sono stati pubblicati due studi – in contemporanea – su due riviste (Science e Nature) in cui si tenta di ribaltare questo paradigma. Ma ci sono moltissimi aspetti che non tornano. Alcuni dettagli sono talmente paradossali da provocare dubbi e perplessità anche da parte di uno dei ricercatori.

Polarizzazione politica su Facebook, i dubbi sulle ricerche

I quotidiani italiani si sono limitati a raccontare la sintesi delle due ricerche, senza andare in profondità e analizzare molti dei dettagli che rendono i risultati solamente parziali. Giornalettismo ha voluto andare a fondo, non per smentire l’impianto dei due studi, ma le procedure e i dati utilizzati per arrivare a quelle conclusioni. Per esempio, il numero di utenti coinvolti, “l’evento” di riferimento (le Presidenziali USA) e il ristrettissimo lasso di tempo. Anche perché navighiamo proprio in quel limbo che poi ha portato ai cosiddetti Facebook Papers e alle rivelazioni dell’ex dipendente Frances Haugen.

Il modello alla base del campione utilizzato, sembra non poter essere etichettato come la “misura del mondo”. Ma perché, dunque, Meta ha deciso di dare un contributo a queste due ricerche? L’obiettivo finale, come dichiarato in entrambe le ricerche, è dimostrare come l’algoritmo non influenzi le persone. Peccato che le testimonianze raccolte nel corso degli ultimi anni abbiano dimostrato l’esatto contrario.

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